Il programma del Panel di “Nazioni e Regioni” al XXIX Convegno SISP

All’interno della Sezione 10 dell’annuale Congresso della Società Italiana di Scienza Politica (SISP), dedicata agli “Studi regionali e politiche locali“, la nostra rivista co-organizza il Panel “Indipendentismo in Europa? Un ripensamento critico delle trasformazioni del regionalismo nell’Unione Europea”, curato da Adriano Cirulli e Carlo Pala e con Michel Huysseune come discussant. Questa XXIX edizione del congresso della SISP si svolgerà presso il Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università della Calabria, dal 10 al 12 settembre. Il Panel è stato organizzato in tre sottosessioni.

Panel 10.3 Indipendentismo in Europa? Un ripensamento critico delle trasformazioni del regionalismo nell’Unione europea (I)

Chairs: Adriano Cirulli , Carlo Pala

Discussants: Michel Huysseune

Modernità e autodeterminazione nazionale. Per una storia politica del nazionalismo periferico in Europa occidentale.
Paolo Perri (pa.perri@hotmail.it )

I risultati delle ultime elezioni politiche britanniche hanno visto il trionfo dei nazionalisti dello Scottish National Party. Questo caso mostra la capacità di alcuni movimenti nazionalisti e/o indipendentisti di trasformarsi da forze marginali, in grado di raccogliere consensi soltanto tra la piccola borghesia urbana e rurale, a veri protagonisti della lotta politica capaci di guadagnare un vasto sostegno elettorale. Il successo nazionalista in un’area industriale altamente sindacalizzata, dimostra inoltre la capacità di questi movimenti di sfidare i tradizionali partiti della sinistra sul loro stesso piano ideologico, assumendone rivendicazioni e modelli di riferimento (la redistribuzione del reddito, la difesa dello stato sociale e dell’istruzione pubblica, lo sviluppo delle energie rinnovabili, la tutela dei diritti e l’antirazzismo). E impone, al contempo, una più attenta analisi dell’evoluzione politica del nazionalismo periferico in Europa occidentale. Appare ormai chiaro come negli ultimi tre decenni il nazionalismo abbia riscosso un maggiore successo nelle regioni industriali, mentre lo si trova ai margini della vita politica nelle aree prevalentemente rurali. Il paper si propone di indagare i rapporti tra i processi d’industrializzazione e modernizzazione economica, la partecipazione politica di massa e l’evoluzione politico-ideologica del nazionalismo periferico. L’analisi storica si concentrerà su due diversi periodi: quello compreso tra le due guerre mondiali e i quindici anni precedenti la caduta del Muro di Berlino. Un esempio interessante sarà quello della guerra civile spagnola. Si vedrà come il sindacato nazionalista Solidaridad de Trabajadores Vascos-Euzko Langilleen Alkartasuna, agendo all’interno delle aree più industrialmente sviluppate dei Paesi Baschi, abbia spinto lo storico, e reazionario, Partido Nacionalista Vasco a sostenere il Fronte Popolare allo scoppio del conflitto. Una decisione, questa, che porterà a una “guerra civile nella guerra civile”, quando la maggioranza dei contadini basco-navarri aderirà invece alla “crociata” franchista. Anche il caso dei volontari irlandesi, presenti su entrambi i fronti del conflitto, è speculare a quello basco: i giovani operai provenienti dalle principali città schierati con i repubblicani, mentre i contadini e i piccoli proprietari dell’entroterra agricolo al fianco dei franchisti. L’importanza dei fattori socio-economici sulle scelte ideologiche dei nazionalisti si manifesterà poi negli anni ‘40 con il collaborazionismo filonazista dei contadini bretoni e fiamminghi. Nella seconda metà del XX secolo, invece, si comparerà il caso della Scozia, una regione altamente industrializzata anche se in profonda recessione, dove il nazionalismo ha virato a sinistra sul finire degli anni ’70, con quello delle Fiandre, un’area scarsamente industrializzata sebbene in forte crescita economica, dove il nazionalismo invece ha mantenuto un carattere fortemente escludente e xenofobo. Questi e altri esempi permetteranno una migliore comprensione di un fenomeno di cui per troppo tempo è stata ignorata la dimensione prettamente politica, fornendo al contempo un punto di vista nuovo e originale sulla sfida che i nazionalismi periferici hanno lanciato agli stati-nazione e alle stesse istituzioni comunitarie.

Cercare il Friuli, trovare l’Europa. Autogoverno, diritti linguistici e sviluppo tra autonomismo, “dipendentismo” ed europeismo critico 
Marco Stolfo (marco.stolfo@uniud.it)

Il Friuli è caratterizzato dall’incontro tra le principali famiglie linguistiche europee (latina, slava e germanica) e dalla presenza storica di quattro lingue: friulano, sloveno, tedesco e italiano. In questo quadro la lingua friulana è particolarmente rilevante, anche per le sue specifiche condizioni di minoranza e perché è presente soltanto qui, a parte la sua diffusone connessa con l’emigrazione. Il Friuli è stato a lungo anche un’area in condizioni di sottosviluppo socioeconomico e durante il secolo XX la sua individualità territoriale, il suo profilo multiculturale e multilingue, la specificità linguistica friulana e le sue condizioni socioeconomiche sono state oggetto di elaborazioni teoriche e di rivendicazioni e mobilitazioni di carattere sociale e politico. L’obiettivo è indagare e approfondire i rapporti tra queste istanze friulane di tutela e di autogoverno espresse in più occasioni e la dimensione europea e quindi confrontarle con quelle espresse nello stesso periodo in altre realtà d’Europa (Sardegna, Galles, Scozia, Paesi Catalani, Paese Basco…). Tra i punti di riferimento di questa comparazione vi sono la crisi dello stato nazionale, la crisi dell’Europa degli stati-nazione e l’ipotesi/necessità di un’Europa diversa, realmente unita nella diversità. Nel caso friulano è possibile individuare alcuni tratti specifici. Ve ne sono alcuni in cui sono rilevanti le affinità con altri casi presi in considerazione, a partire dal valore simbolico e sostanziale del “fattore lingua”, che avvicina il Friuli soprattutto a Galles, Paese Basco, Catalogna e Sardegna e dall’approccio europeo ed europeista che si può cogliere in diverse posizioni “friulaniste”, che si colloca all’interno di un certo europeismo critico – europeista perchè critico e critico perchè europeista – espresso con una certa costanza e con una forte rilevanza, soprattutto ultimamente, da parte di diversi movimenti e partiti nazionalitari e regionalisti del continente. Ve ne sono altri in cui è invece possibile cogliere significative differenze. Tra questi è possibile riconoscere, per esempio, la assai limitata visibilità delle componenti indipendentiste, sia con riferimento al passato che al periodo più recente, e specularmente la dichiarata condivisione trasversale di un approccio autonomista e quindi la mancanza – in particolare negli ultimi decenni – di una o più forze politiche che riescano ad interpretare e ad esprimere queste istanze in forma compiuta, matura e organizzata, raccogliendo consensi significativi. Si tratta di peculiarità che risentono – ancora oggi? – del fattore confine, dei residui ideologici della Guerra fredda, della stessa struttura istituzionale, amministrativa e politica della regione autonoma Friuli-Venezia Giulia e di una tendenza che si potrebbe descrivere in sintesi con queste parole: tutti autonomisti, nessun autonomista; nessun indipendentista, tutti “dipendentisti”. Ci sono infine nuovi fermenti, alimentati tanto da queste contraddizioni quanto dalla necessità di uscire dalle stesse e fronteggiare l’emergere di un nuovo centralismo amministrativo e politico.

Dal Fronte Dell’indipendenza Al Movimento Trieste Libera: Sessant’anni Di Rivendicazioni Indipendentistiche Al Confine Orientale D’italia (1945-2015).
Margherita Sulas (margherita@unica.it)

Questo intervento ha l’obiettivo di analizzare, attraverso l’analisi incrociata dei dati elettorali e delle principali fonti archivistiche e a stampa, i fermenti indipendentisti che, dalla fine della seconda guerra mondiale ai giorni nostri hanno caratterizzato il confine orientale italiano. In particolare, si vuole concentrare l’attenzione sulla città di Trieste in modo da valutare come le dinamiche interne alla città adriatica abbiano interagito con la storia dell’Italia della seconda parte del Novecento. Si rileverà la peculiarità di un fenomeno che a Trieste affonda le radici nella storia e che, con tutte le differenze del caso, continua ad essere presente sia come ideale che, pur se con risultati ben diversi, come prassi politica. Ci si soffermerà quindi sull’indipendentismo triestino degli anni ’50 passando attraverso la figura dello storico triestino Fabio Cusin che rappresentò una delle due anime dell’indipendentismo ovvero quella legata al particolarismo storico, politico e culturale della città friulano. In questa terra di integrazione tra popoli e culture diversi, travolta da un declino economico e demografico che pare inarrestabile, si assiste, nel nuovo millennio, al moltiplicarsi dei consensi verso il MOVIMENTO TRIESTE LIBERA che chiede il ritorno del capoluogo giuliano al periodo immediatamente post-bellico, quando la regione, contesa tra Italia e Jugoslavia, divenne di fatto un nuovo Stato, facente parte dei beneficiari del Piano Marshall, definito come Territorio Libero di Trieste. L’obiettivo dell’intervento è quello di rilevare le differenze dei due movimenti anche in relazione ai diversi momenti storici nei quali hanno avuto origine e di cercare di comprendere quanto influiscano attualmente nelle dinamiche politiche nazionali e come si relazionino con gli altri movimenti indipendentisti presenti nella zona del Veneto e del Friuli Venezia Giulia.

 

Panel 10.3 Indipendentismo in Europa? Un ripensamento critico delle trasformazioni del regionalismo nell’Unione europea (II)

Chairs: Adriano Cirulli , Carlo Pala

Discussants: Michel Huysseune

I partiti regionalisti attori del Parlamento Europeo: strategie, posizionamento e temi chiave
Paola Bonesu (paola.bonesu@gmail.com), Gabriele Lami (gabriele.lami.k@gmail.com)

Diversi studi hanno provato a indagare l’approccio dei partiti regionalisti alle sfide imposte dal rafforzamento delle istituzioni europee, mettendo in luce come queste organizzazioni ne abbiano beneficiato acquisendo nel tempo maggior peso e legittimazione. Abbiamo qui scelto di studiare come si muovano e si definiscano i partiti regionalisti che operano all’interno del Parlamento Europeo. Non più, quindi, un tentativo di analizzare questi movimenti nella loro posizione di osservatori interessati dal tortuoso processo di integrazione europea, ma la proposta di un differente punto di vista che possa essere utile a comprendere come i parlamentari eletti nelle liste dei partiti regionalisti si comportino in veste di soggetti agenti all’interno delle istituzioni comunitarie. In particolare, si è voluto analizzarli nel loro ruolo di membri del principale organo elettivo dell’Unione Europea, divenuto sempre più centrale nell’ambito del processo legislativo. Obiettivo finale della ricerca è quello di rintracciare i comportamenti e i percorsi che avvicinano e allontanano le differenti anime del regionalismo, concentrandosi sul posizionamento delle organizzazioni partitiche all’interno del complesso meccanismo delle istituzioni comunitarie. Il paper fa riferimento a una letteratura già sviluppata sullo studio del voto assembleare impiegato allo scopo di individuare, attraverso l’utilizzo di tecniche di machine learning, le dimensioni spaziali in cui si collocano le posizioni dei parlamentari e di quantificare il grado di coesione dei gruppi. Per non vincolare lo studio alla sola dimensione del voto, si è scelto di unire a questo approccio anche l’uso di tecniche di analisi del testo applicate agli atti prodotti dai deputati eletti in rappresentanza di partiti regionalisti durante il primo anno dell’VIII legislatura del Parlamento Europeo.

The Positive Other? An Exploration of the Triangular Relationship between Stateless Nationalism, Parent States and Europe
Emmanuel Dalle Mulle (emmanuel.dallemulle@graduateinstitute.ch)

This paper aims to build upon Ireneusz Karolewski and Andrzej Suszycki’s calls for an improved understanding of the triangular relation between states, stateless nationalism and European integration, by looking at the way Europe is used in the propaganda of four Western European nationalist parties (two left-wing, Esquerra Republicana de Catalunya and the Scottish National Party, and two right-wing, the Lega Nord and the Vlaams Belang) from the 1980s until the recent euro crisis. The paper distinguishes between ‘Europe as an idea’ and ‘Europe as the EU’, and analyses how the two concepts have been exploited by the four parties. While ‘Europe as the EU’ divides the sample almost evenly into Eurosceptic (the LN and the VB) and Euroenthusiastic (ERC and the SNP) parties, the ‘idea of Europe’ has been used by all of them as a ‘positive other’ to put in opposition to the ‘negative other’ represented by the parent state, or regions within it. ‘Europe as an idea’ has thus potently nourished the discursive formation of the stateless national identity crafted by these parties, which have projected upon it the representation of modernity that they claim their nation to embody. Nevertheless, while the functional role of Europe as a positive other has been the same across the sample, the specific values attributed to Europe have changed from one party to the other. The paper then compares such representations with the parties’ discourse on ‘Europe as the EU’ and assesses their consistency both ideologically and across time.

Partiti e autodeterminazione in Alto Adige/Südtirol: le cause del secessionismo e le dinamiche della competizione tra partiti autonomisti e secessionisti
Matthias Scantamburlo (matthias.scantamburlo@student.uibk.ac.at), G� nther (Pallaver)

Dopo l’attuazione del Secondo Statuto di Autonomia del 1972, che per la soluzione del conflitto etnico prevede un modello dissociativo in combinazione con un sistema politico consociativo (consociational democracy), in Sudtirolo si possono osservare vari processi di trasformazione e nuove fratture politiche. Soprattutto il sistema partitico ed i partiti politici hanno subito profondi cambiamenti. Mentre i partiti nazionali vivono un processo di “territorializzazione”, nell’arena elettorale tedesca l’identificazione con l’autonomia (all’epoca della sua attuazione quasi unanimemente condivisa) è diminuita considerevolmente facendo (ri)emergere vecchi e nuovi partiti secessionisti. In occasione delle elezioni per il Consiglio provinciale del 2013 circa un terzo dell’elettorato di lingua tedesca ha dato il suo voto a uno di questi partiti secessionisti confermando una dinamica centrifugale (dall’autonomia alla secessione) ormai visibile da un decennio. L’articolo qui proposto intende analizzare queste dinamiche a due livelli. Individuando una dimensione funzionale e socioculturale intrinseca al concetto di autodeterminazione, nella prima parte il paper analizza le cause del secessionismo in Sudtirolo e contrappone le argomentazioni di partiti autonomisti e secessionisti. Nella seconda parte viene esaminata l’evoluzione delle dinamiche della competizione tra questi partiti in una dimensione territoriale ed europea attraverso un’analisi qualitativa e quantitativa dei programmi elettorali. Mentre la salienza della competizione sull’asse centro-periferia ha portato ad un nuovo “frame” territoriale, il consenso sulla dimensione europea si è trasformato in un conflitto posizionale. Chi cerca l’indipendenza territoriale non solo considera meno l’Europa come spazio politico ma sta assumendo posizioni critiche e contrarie al processo d’integrazione europea.

 

Panel 10.3 Indipendentismo in Europa? Un ripensamento critico delle trasformazioni del regionalismo nell’Unione europea (III)

Chairs: Adriano Cirulli , Carlo Pala

Discussants: Michel Huysseune

Ricentralizzazione e secessione in tempo di crisi: il Veneto e la Catalunya.
Marialaura Ammirato (marialaura.ammirato@unical.it)

La crisi economica che dal 2008 ha coinvolto tutta l’Europa e l’Eurozona in particolare, non ha avuto effetti esclusivamente di carattere economico- finanziario, ma ha provocato un impatto anche sulla struttura territoriale degli Stati composti. Le misure anticrisi, previste a livello Europeo e nazionale, infatti, essendo volte a ridurre i costi e a contenere le spese, hanno dato vita ad un processo di ricentralizzazione delle decisioni e della spesa e ad una conseguente compressione dell’autonomia territoriale. In questo lavoro mi occuperò di analizzare questa contrapposizione tra nuova centralità dello Stato e riduzione dei margini di autonomia territoriale, con rifermento ai processi di rivendicazione “autonomico-soberanista” in Italia e in Spagna. Secondo l’ipotesi di questo lavoro, infatti, nel contesto attuale la riemersione e il consolidamento di questi processi, più che legati a profonde motivazioni ideologiche e identitarie sembrerebbero basati sulla messa in discussione del sistema di redistribuzione delle risorse economiche nel contesto delle misure normative anticrisi. In particolare la ricerca assume come case study la Catalunya e il Veneto, i territori più ricchi dei due Stati in esame, i quali, sebbene con una intensità e un impatto diverso, hanno manifestato una volontà d’indipendenza e , di conseguenza, di messa in discussione della solidarietà interterritoriale, un principio cardine in entrambi gli ordinamenti. Dopo una prima parte di ricostruzione della situazione attuale nei due contesti territoriali di riferimento, esplicherò l’ipotesi del lavoro, approfondendo l’idea che la crisi economica sia stata strumentalizzata dalle élite politiche, sia di governo che territoriali, nell’ambito di una precisa strategia politica di rivendicazione volta all’ottenimento di misure maggiormente favorevoli alla propria autonomia finanziaria e politica. Dal punto di vista delle èlite territoriali, infatti, il ricorso alla minaccia dell’indipendenza, in questo preciso momento storico, perde la sua componente identitaria legata all’esistenza di un “popolo ” veneto e catalano per divenire il mero“contenitore” di rivendicazioni di natura economica e politica. Alle istituzioni centrali, invece, la gestione della crisi ha permesso di riaccentrare poteri e funzioni, imputando agli enti territoriali la responsabilità del deficit e quindi, su questa base, legittimando anche rispetto all’opinione pubblica i tagli effettuati a livello locale.

Nationalist Scotland under Conservative English government and Democratic Slovenia under unreformed socialist Serbia: Comparative Analysis
Neven Andjelic (andjelicn@regents.ac.uk)

This paper is going to provide comparative study of Scottish nationalism and the Scottish National Party in relation to an English Tory government in London and the newly announced Tory concept of “One Nation”, and the situation in late 1980s and early 1990s in former Yugoslavia where Slovenian separatism and their reformed communists will be analysed in relation to Milosevic dominated Serbia and federal institutions. Like the pro-independence, regionalist politics that has evolved towards the mainstream politics in many contemporary European societies, there is a case for similar argument to be employed in the historical case of the end of Yugoslavia. Therefore the role of communist federation might be analysed and compared to the role and functions of the devolved United Kingdom. The question that needs to be answered is whether a proper federal model might be a framework that could keep the United Kingdom together and whether constituent peoples, i.e., English and Scottish would actually be willing for this model Slovenia was seeking con-federal model of Yugoslavia in the first place and after being refused they opted for a full-independence. This situation inevitably reminds of current dilemmas in the United Kingdom. What does it mean further devolution and how devolved future Britain might look like? At the same time, the question is whether a status quo is an option at all? The paper will argue that only significant devolution and satisfying most of the demands of secessionist political group can keep the polity together. The current situation that the United Kingdom finds itself is more complex because of the European Union. Whether stronger European integrations might actually provide for additional counter-productive arguments for full independence among separatist movements. If the majority, i.e., English are against the stronger EU or against the EU altogether, how the minority, i.e., Scottish should behave as they are strongly pro-European. This brings back comparisons with Slovenia that was strongly pro-European and pro-democracy and Serbia that was anti-European and anti-reformist. Therefore this comparative study is going to offer several visions of future European integrations and the future of nation-states within the EU and the future of regionalist politics within the broader frameworks of the nation-state in 21st century and the EU after Lisbon Treaty.

Sacred Power of Fading Borders: a Peaceful Coexistence of Europeanism and Secessionism
Fedor Popov (fpopov15@gmail.com)

Everybody agrees that today secessionist movements form a significant political background of Western Europe. They have some distinct features that distinguish them from movements in other regions: they generally act within the legal framework and tend to get into a constructive dialogue with the government. They as usual have thoroughly elaborated their ideology based mainly on the concepts of civic nation. Some of them (i.e. on the Faroe Islands or in Greenland) have fair chances of success. It seems to be a paradox that these movements act in the face of growing European integration. Such processes should contradict but they actually don’t. Most independentist parties in the region (from Scottish National Party to Bavaria Party) set accession to the European Union as one of their primary goals. It means that they fight for drawing new borders in order to immediately leave them to fade. It looks too strange to be true. This paradox may be easily explained if we realize that these opposite vectors belong to different fields. Processes of European integration reflect the actual needs of region’s population. It is a category of realpolitik. On the contrary, state border has become a category of belief. Nowadays it appears to be a symbol on a map, a crucial element of national identity. It doesn’t matter what the border really divides, the point is if the border officially exists. So we can imagine a continuous political and economic space but shouldn’t expect it to be represented at a single-colour political map.

 

Per Info: a.cirulli@uninettunouniveristy.net  carlopala@uniss.it

Responses are currently closed, but you can trackback from your own site.

Comments are closed.

Powered by WordPress | Designed by: seo services | Thanks to seo company, web designer and internet marketing company